Comunicati stampa
Accoglienza di donne afgane, difesa dell’Autonomia
La seduta pomeridiana del Consiglio regionale è iniziata nel ricordo dell’ex consigliere regionale e presidente del Consiglio Diego Moltrer, a 7 anni dalla scomparsa. Dopo le parole in sua memoria del presidente Josef Noggler, che ne ha ricordato tra l’altro l’impegno per l'intera comunità regionale e la particolare sensibilità per le minoranze, l’aula ha osservato un minuto di silenzio.
È ripresa quindi la trattazione - iniziata questa mattina - del voto n. 11, presentato dai Consiglieri regionali Foppa, Hochgruber Kuenzer, Dello Sbarba, Staffler, Coppola, Zanella, Repetto, Ferrari, Köllensperger, Rieder, Faistnauer, Alex Ploner, Franz Ploner, Deeg, Ladurner e Amhof, affinché il Parlamento e il Governo italiano progettino un programma di accoglienza per le donne afgane e le loro famiglie.
Nel dibattito è intervenuto Sven Knoll (Süd-Tiroler Freiheit), il quale, evidenziando le difficili condizioni delle donne, e segnalando solo a titolo d’esempio che esse possono essere curate solo da dottoresse, ma che le dottoresse mancheranno se non potranno studiare, ha evidenziato che portare fuori dall’Afghanistan le donne più istruite sarebbe un problema aggiuntivo. Per questo motivo, non avrebbe approvato il voto, ritenendolo non sensato a lungo termine. Più sensato sarebbe stato progettare un programma di formazione per le donne in Afghanistan, o nei Paesi vicini, anche attraverso l’Europa, considerando che la mancata istruzione è un’arma nelle mani dei fondamentalisti.
Carlo Vettori (Forza Italia), ha ritenuto che in linea teorica non si potesse che votare a favore del voto, rilevando però che era sempre un peccato che si arrivasse a fare una differenza tra uomini e donne. Ci si sarebbe dovuti riferire in generale ai cittadini dell’Afghanistan che avevano aiutato la missione di pace in territorio afghano. Andava ricordato anche che finché il presidente Biden non aveva ceduto, un minimo di ordine era stato garantito. Da poco era passato l’anniversario della strage di Nassiriya, anche per questo era giusto fare riferimento a tutti coloro che si erano impegnati “dando una mano al nostro contingente". .
In replica, l’ass. Waltraud Deeg ha annunciato sostegno al voto, ringraziando tutti coloro che lo avevano firmato. La settimana precedente si era incontrata proprio con la dott.ssa Monika Hauser di Medicamondiale, che l’aveva informata della situazione, dove avvenivano violazioni dei diritti umani della peggior specie. Lei stessa era rimasta impressionata dalle donne che avevano passato i propri figli neonati al di là del filo spinato, evidenza della gravissima situazione. Quello che poteva fare il Consiglio regionale era dare un segnale forte affinché altre istituzioni che ne avevano la possibilità intervenissero. Era noto che la violenza sulle donne ha ripercussioni su più generazioni, e Monika Hauser lo aveva confermato; Hauser era in contatto con 400 donne che sono costrette a cambiare costantemente domicilio per non essere arrestate e sperava che le prime 100 possano lasciare il Paese la settimana successiva, ma nulla era certo; dare questo segnale era importantissimo. Brigitte Foppa ha replicato che Alex Marini si era aggiunto ai sottoscrittori, e precisato che è vero che la mozione non risolveva il problema, e che c’era da fare tanto, tuttavia andava considerato che se la gente continuava a stare lì era in pericolo di vita, e che si trattava di dare un primo soccorso. La parte dispositiva del voto non poteva essere modificata perché era già frutto di una mediazione. La questione umanitaria richiedeva spesso molti interventi, e se si voleva farli tutti si finiva spesso col non fare niente: bisognava iniziare con il fattibile.
Nell'ambito delle dichiarazioni di voto, Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha evidenziato che egli non era stato coinvolto nella mediazione, pertanto aveva proposto le sue valutazioni in aula. La questione umanitaria non sfuggiva, ma egli riteneva che andasse messo nero su bianco da che parte si stava - dalla parte del diritto, della civiltà occidentale che tutela la dignità della persona - trasformando tutto questo in azione politica. Il documento era insufficiente, pertanto si sarebbe astenuto.
Messo in votazione, il voto n. 11 è stato accolto con 46 sì, 2 no, 3 astensioni.
Questa mattina era stata accolta la proposta di anticipare la trattazione del Disegno di legge n. 19: Parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive (presentato dai Consiglieri regionali Foppa, Dello Sbarba e Staffler), avviato nel corso dell’ultima seduta. Brigitte Foppa (Gruppo verde) ha chiesto di rinviarlo, essendo in corso trattative tra i proponenti e la maggioranza per definire un emendamento. Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha ritenuto necessarie maggiori informazioni in merito, ma il pres. Noggler ha replicato che questo non era previsto.
È stato trattato quindi il Progetto di legge n. 2, ai sensi dell’articolo 35 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige: Modifiche agli articoli 2 e 9 della Costituzione in materia di equità generazionale, sviluppo sostenibile e tutela dell’ambiente (presentato dai Consiglieri regionali Köllensperger, Alex Ploner, Rieder, Faistnauer, Franz Ploner e Unterholzner). Franz Ploner (Team K) ha fatto riferimento all'attualità del tema, all’indomani del vertice di Glasgow: era necessario passare all’azione, pensando alle generazioni future. In Italia, il tema di garantire parità di diritti e di condizioni economiche, sociali e ambientali alle prossime generazioni era stato trascurato troppo a lungo e, soprattutto a partire dalle recenti crisi finanziarie, la condizione economica dei giovani era costantemente peggiorata fino a diventare una vera emergenza. Parallelamente, il tema della sostenibilità era troppo spesso trascurato, nonostante gli impegni presi a livello internazionale, in particolare con riguardo ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030: negli ultimi 40 anni la Terra aveva perso metà delle sue specie animali e una quantità di foreste per un’estensione pari a quella dell’Europa, visto ridursi del 50% i ghiacci artici e ancora di più quelli di alta quota, subìto la desertificazione di una fascia di territorio immensa. Anche in Alto Adige la situazione non era rosea: il “Rapporto sul clima” dell’Eurac riferiva che dagli anni '60 la temperatura media annua era qui aumentata di 1,5°. Inoltre, la superficie dei ghiacciai in Alto Adige era estremamente diminuita. Anche nel campo della sostenibilità sociale, sotto il profilo dell’istruzione e della formazione, le politiche degli ultimi anni erano state carenti. Si voleva quindi inserire nella Carta costituzionale sia un vero e proprio patto generazionale sia obiettivi di sviluppo sostenibile; la Regione Veneto aveva già approvato, all’unanimità, una proposta analoga.
Aprendo la discussione generale, Hanspeter Staffler (Gruppo verde) ha fatto riferimento a un documentario sul concetto di “suicidio ecologico”, che presentava un processo in svolgimento nel 2034 nel quale i politici del passato, ovvero quelli attuali, venivano chiamati a riferire cosa avevano fatto per evitare il disastro climatico. Di fatto, chiariva che le generazioni precedenti erano responsabili della distruzione della natura. Ciò di cui la popolazione si rende conto solo ora è un tema su cui gli scienziati hanno messo in guardia da 40-50 anni, a fronte anche del continuo aumento della curva di Keeling relativa alla produzione di CO2, senza inversioni di tendenza. Il consigliere ha fatto riferimento a una sentenza della Corte federale tedesca dalla quale risultava che gli obiettivi climatici del Governo federale non rispettavano i diritti delle successive generazioni. Si trattava di assumersi responsabilità politica a tutti i livelli. La proposta in esame era già stata trattata dal Parlamento, e mancava una sola votazione in merito: approvando il documento in esame si poteva dare una piccola spinta.
Giorgio Tonini (Partito Democratico) ha chiesto invece di ritirare il disegno di legge, perché un voto in merito sarebbe imbarazzante, dato che il Parlamento ha sostanzialmente accolto la richiesta: manca solo un voto alla Camera e non serve nessuna spinta. Nel maggio 2020, data di presentazione, forse una spinta serviva, ma ora potrebbe solo far deragliare, anche votando sì ci si esponeva alla pessima figura di sembrare all’oscuro di ciò che avveniva a Roma.
Paul Köllensperger (Team K), primo firmatario del disegno di legge, ha ammesso che esso era stato presentato un anno e mezzo fa, per sostenere il disegno di legge Bonino, così come era accaduto in diverse Regioni: era stato per esempio approvato in Lombardia. Era noto che esso era ora in Senato, così come che il pres. Draghi lo appoggiava. La responsabilità verso le generazioni future doveva essere parte delle azioni quotidiane. Vero è che il disegno di legge era andato avanti, quindi si poteva considerare eventualmente una sospensione della proposta: si sarebbe confrontato in merito nel suo gruppo.
Gerhard Lanz (SVP) ha chiarito che era a favore dell’argomento, ma ribadito la trattazione in Parlamento del disegno di legge, ritenendo problematica un’eventuale approvazione della proposta, anche a fronte delle modifiche apportate a Roma.
Anche Alex Marini (Movimento 5 Stelle) si è detto favorevole nel merito, ribadendo però la necessità di raccordare le iniziative politiche assunte in sede regionale con ciò che avviene a Roma, come già richiesto questa mattina riferendosi all’iter dei voti. Mentre si discuteva in commissione del disegno di legge, in Parlamento si discuteva dello stesso tema, e il sen. Durnwalder presentava un emendamento per assicurare la tutela delle prerogative previste nello Statuto, che veniva approvato: era problematico che mancasse una figura di raccordo tra i due iter. Tuttavia, una spinta in più da parte del Consiglio regionale non farebbe male.
Franz Ploner (Team K) ha quindi chiesto il rinvio della trattazione del progetto di legge, considerando anche le modifiche introdotte in Parlamento.
È stato quindi trattata la Mozione n. 20, presentata dai Consiglieri regionali Zeni, Ferrari e Manica per impegnare la Giunta regionale all’elaborazione, di concerto con la Sezione regionale dell’Associazione Nazionale Magistrati e con le Organizzazioni sindacali di settore, di un piano straordinario per fare fronte all’emergenza del “comparto Giustizia”. Presentandola, Luca Zeni (Partito Democratico) ha riferito dei problemi del “comparto Giustizia” in territorio regionale – e soprattutto nella sua componente trentina - a causa dei nodi della copertura dei posti vacanti in pianta organica; la totale mancanza di ogni minima strategia programmatoria; l’assenza di figure professionali specifiche; il rinnovo dei contratti a tempo determinato del personale già in servizio; un piano di interventi per agevolare il numero massimo di assunzioni possibili, nonché gli interventi relativi alla situazione immobiliare e strutturale dell’intero comparto. Dal momento della presentazione della mozione, un anno fa, qualcosa si era mosso, perché c’erano state delle assunzioni, tuttavia non sufficienti. C’era inoltre da aggiungere la difficile situazione riguardante la carenza di magistrati. Zeni ha fatto riferimento anche incontri avvenuti negli scorsi mesi fra la Giunta regionale e la Sezione regionale dell’Associazione Nazionale Magistrati, che avevano prodotto solo vaghe promesse spingendo a un fronte comune Magistrati, Avvocatura e Organizzazioni sindacali: veniva spontaneo chiedersi per quale ragione sia stata chiesta la competenza amministrativa del settore, se poi per il medesimo nulla di concreto veniva realizzato. Sembrava, ad esempio, che le attenzioni si limitassero al solo concorso per l’assunzione di personale nel ruolo di “assistenti giudiziari”, per un numero massimo e del tutto insufficiente di dodici unità, mentre in realtà la domanda interessava solo la figura di “cancelliere esperto”. Non era solo un problema di mancato rispetto delle competenze autonomistiche, ma soprattutto una questione che riguardava le comunità, perché uno scadente “servizio Giustizia” ricadeva certamente sulle spalle di Magistrati ed operatori, ma anche e in primis sui cittadini che scontavano direttamente i ritardi e i problemi della Giustizia. Si chiedeva quindi di impegnare la Giunta regionale all’elaborazione, di concerto con la Sezione regionale dell’A.N.M. e con le Organizzazioni sindacali di settore, di un piano straordinario per far fronte all’emergenza del “comparto Giustizia” entro e non oltre sei mesi a decorrere dalla data di approvazione della mozione.
Il presidente della Regione Maurizio Fugatti ha evidenziato che in riferimento al personale la Regione aveva fissato una strategia di recupero delle gravissime coperture del personale degli uffici giudiziari, bandendo tempestivamente due concorsi per affrontare il consistente turnover dovuto all’età del personale e agli effetti di “quota 100”. Le relative procedure in provincia di Bolzano si erano concluse da tempo, anche se i posti assegnati erano inferiori al necessario, mentre in Trentino erano ancora in corso, anche a causa di sospensioni per via del Covid. Erano stati inoltre coperti una serie di posti in ambito giudiziario, lasciandone scoperti solo 13 su 100, e ad assistenti specializzati erano stati assegnati incarichi di cancelliere esperto. Erano ora in corso le procedure per l’assunzione di 21 unità, e avviati o indetti una serie di concorsi relativi a vari ruoli; era stato inoltre elaborato un progetto formativo triennale, in collaborazione con Corte d’Appello, Facoltà di Giurisprudenza e Trentino School of Management, destinato formare a neo assunti e ad aumentare professionalità e capacità di leadership e comunicazione del personale già all’opera. La regione intendeva portarlo avanti oltre alla durata originaria, fino al 2023 compreso. Questi corsi si aggiungono a quelli del Ministero della Giustizia sugli applicativi informatici. In quanto agli edifici, l’amministrazione è intervenuta per la relativa manutenzione in accordo con le segnalazioni degli uffici giudiziari, anche grazie a procedure più snelle dovute a un nuovo regolamento di economato; sono stati utilizzati più di 100 interventi l’anno al fine di meglio utilizzare gli spazi disponibili. Nel 2020 gli acquisti sono stati destinati a dispositivi di sicurezza necessari per gestire l’emergenza Covid garantendo sicurezza e la possibilità di svolgere lavoro da remoto, il che ha portato a una convenzione tra Ministero e regione sottoscritta il 30 dicembre scorso. La situazione era quindi oggettivamente migliorata, rispetto alla data di presentazione della mozione, i cui spunti in parte erano già stati eseguiti: pertanto, non si poteva accogliere. Luca Zeni, evidenziando l’urgenza di nominare il presidente del Tribunale e i magistrati mancanti, ha chiesto la disponibilità a modificare la parte dispositiva nel senso di proseguire al rafforzamento degli uffici giudiziari e sollecitare il Ministero perché provveda il prima possibile a nominarli, invitando a votare al più presto, senza rinviare. Il presidente Maurizio Fugatti ha accolto la proposta e la parte dispositiva è stata modificata nel senso richiesto.
Nell'ambito delle dichiarazioni di voto, Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha espresso apprezzamento per la modifica, al fine di rafforzare la struttura per rispondere meglio alle esigenze del territorio. Rimaneva però aperta la questione delle strutture e del polo giudiziario di Bolzano, la cui procedura per la soluzione del problema infrastrutturale era ancora lenta.
Alex Marini (Movimento 5 Stelle) ha ricordato la rimozione del presidente del Tribunale e i procedimenti disciplinari con il successivo trasferimento di molti magistrati in Trentino, interventi di competenza del CSM. È questo l’organo che andrebbe sollecitato a riempire i posti carenti, anche se il Ministero può fare da tramite; il punto è che si sa in che condizioni è il CSM. L‘unica cosa che può fare la Regione è esercitare le funzioni assegnate con decreto legislativo del 2017, migliorando i servizi che sarebbero stati affidati all’Agenzia regionale della giustizia. Faceva fatica a votare una mozione che invitava a “proseguire”, in quanto egli aveva evidenziato delle criticità in merito a quanto fatto finora, e più volte chiesto il coinvolgimento della commissione nella definizione dello schema relativo all’Agenzia. Si trattava a tutti gli effetti di una delega in bianco, che non era sufficiente.
La mozione emendata è stata quindi messa in votazione e approvata con 43 sì e 5 astensioni.
È stata quindi trattata la mozione n. 21, presentata dai Consiglieri regionali Kaswalder, Guglielmi e Ossanna per impegnare il Presidente della Regione ad intervenire in ogni possibile sede istituzionale, per esprimere la netta contrarietà ad una riforma della Costituzione volta ad introdurre meccanismi di centralizzazione della potestà legislativa che si ripercuotano sull’assetto istituzionale statutariamente previsto e ad elaborare e trasmettere alla delegazione parlamentare trentina una clausola di salvaguardia che preveda che la norma non si applica per le Regioni a Statuto speciale per le quali continuano a trovare applicazione i soli limiti derivanti dallo Statuto e dalle norme di attuazione.
Walter Kaswalder (Autonomisti popolari - Fassa), ricordando che la mozione era stata depositata circa un anni fa, ha fatto riferimento all’iter per la discussione di disegni di legge, presentati dal Partito Democratico sia alla Camera che al Senato, volti ad introdurre nel Titolo V della Costituzione la cosiddetta “clausola di supremazia”, ovvero specifiche prerogative riconosciute allo Stato nei confronti delle Regioni al fine di riaffermare – in caso di contrasti – il prevalere della posizione del primo nei confronti delle seconde. In termini giuridici la clausola di supremazia si traduce nel progetto dei proponenti di attribuire allo Stato il potere di legiferare in materie non riservate alla legislazione esclusiva, quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale e di costituzionalizzare, come momento di temperamento del predetto potere, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. L’approvazione di una tale disciplina inciderebbe sui rapporti tra Stato e Regioni ad autonomia ordinaria, riportando con due commi la lancetta dell’orologio a più di 20 anni fa, prima della riforma del Titolo V della Costituzione, nello stesso tempo va segnalato il forte pericolo che l’autonomia della Regione, oltre che delle Province autonome di Trento e di Bolzano, correrebbe in caso di approvazione del progetto di legge costituzionale in termini di compressione dell’autonomia legislativa statutariamente riconosciuta e in termini di appiattimento delle prerogative istituzionali disegnate dallo Statuto. Mancava, infatti, il chiarimento che la riforma troverebbe applicazione per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome, solo per i profili di maggior autonomia che essa avrebbe introdotto: il dubbio è che ciò non si debba a distratta dimenticanza, bensì alla volontà di imporre un capovolgimento in termini centralistici dell’assetto delle autonomie anche al sistema delle autonomie speciali. Andava quindi assunta una forte presa di posizione a tutela dell’autonomia, che richiedesse con forza, nel caso di ulteriore prosecuzione dell’iter del disegno di legge, non tanto una clausola di maggior favore come quella contenuta nella legge costituzionale del 2001, quanto una clausola di salvaguardia che prevedesse che per le Regioni a statuto speciale (o almeno per la Regione Trentino-Alto Adige e per le Province autonome) continuano a trovare applicazione i soli limiti derivanti dallo Statuto e dalle norme di attuazione. Si chiedeva pertanto di impegnare il Presidente della Regione (1) ad intervenire in ogni possibile sede istituzionale, per esprimere la netta contrarietà ad una riforma della Costituzione volta ad introdurre meccanismi di centralizzazione della potestà legislativa che si ripercuotano sull’assetto istituzionale statutariamente previsto; (2) ad elaborare e trasmettere alla delegazione parlamentare della nostra Regione Trentino-Alto Adige una clausola di salvaguardia che preveda che la norma non si applica per le Regioni a statuto speciale (o almeno per la Regione Trentino-Alto Adige e per le Province autonome) per le quali continuano a trovare applicazione i soli limiti derivanti dallo Statuto e dalle norme di attuazione. “Le norme di attuazione sono un percorso di più di 70 anni di interlocuzione tra stato, Commissione dei 12 e Commissione dei 19 che non possono essere cancellati in questo modo”, ha concluso Kaswalder.
Giorgio Tonini (Partito Democratico) ha ricordato il detto rimano “De minimis non curat praetor”, che invitava a non curarsi delle cose minime: se si interveniva in questo caso, allora si sarebbe dovuto intervenire per ogni piccolezza; oltretutto lo stesso presentatore non sa che fine ha fatto i disegni di legge a cui si riferisce. Il primo era stato presentato da Maria Elena Boschi di Italia Viva, il secondo da due soli senatori: andava detto che i disegni di legge presentati sono migliaia. il tema era comunque serio e richiede ben altra capacità di confronto, vale a dire il raccordo tra legislazione regionale, ordinaria o speciale, e legislazione del parlamento, tanto che ogni volta doveva intervenire la Corte costituzionale, il ricorso alla quale sarebbe dovuto essere un fatto eccezionale. La clausola di supremazia non scandalizzava in linea di principio, anche perché inserita in tante Costituzioni federali; la soluzione trovata era rozza e non condivisibile. Tonini non avrebbe partecipato a un eventuale voto.
Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha evidenziato che il tema avrebbe meritato una sessione straordinaria, per essere affrontato nelle sue diverse sfaccettature. Tonini aveva citato l’on. Boschi: andava ricordato che era stata eletto per volere della SVP nel collegio di Bolzano quando faceva parte del Partito Democratico, lo stesso di Tonini. mai sarebbe stata votata nella sua regione, ma la SVP l’aveva portata in parlamento in virtù di un accordo politico. Tuttavia, dovrebbe essere considerato normale che le istituzioni nazionali si occupino di una porzione del proprio territorio, quello dove insistono le autonomie, e che chi vi vive si rapporti con lo stato con come con un nemico, ma considerando l’unitarietà nazionale e quindi i poteri come sussidiari. è un’impostazione sbagliata quella che vede i territori in difesa, seminando la paura che si voglia intervenire con l’accetta sulle questioni locali. Si tratta di un sentimento negativo da cui poi sempre scaturisce una reazione. Stato e Autonomie sono soggetti a vincoli che comunque non permettono uno stravolgimento dei rapporti tra essi: in primis Statuto e clausole di garanzia, si possono dormire sonni tranquilli.
Il vicepresidente Luca Guglielmi (Autonomisti popolari - Fassa), cofirmatario, ha chiarito che la medesima proposta di mozione era stata votata il 3 marzo 2021 nel Consiglio provinciale di Trento, e il consigliere Tonini aveva allora fatto riferimento a un problema reale, invitando la Provincia ad affrontare la materia, concordando con la parte dispositiva ma non con le premesse. C’era stato da parte sua un completo cambio di posizione. se oggi si uscisse con un voto contrario a questa proposta di mozione, sarebbe indebolita l’autonomia regionale: è vero che si chiede qualcosa che forse va scritto, ma va senz’altro ribadito.
Alex Marini (Movimento 5 Stelle) ha ribadito il tema dei rapporti tra Roma e la Regione, che sarebbero da curare, e ricordato il parere dato a iniziative di legge costituzionale per la modifica dello Statuto, nonché alla possibilità di iniziativa regionale per disegni di legge costituzionali e alla grande mole di disegni di legge di iniziativa parlamentare che potenzialmente possono interessare le Regioni e Province autonome, come nel caso in esame. Questo rendeva la sua proposta ancora più attuale, pur in assenza di un modello istituzionale. Il disegno di legge considerato dai colleghi sicuramente non è l’unico che interessa la Regione, ma mancano gli strumenti per seguirne l’iter nelle commissioni, al di lá dell’iniziativa di singoli parlamentari per motivi politici. la mozione dimostra quanto ancora si può lavorare per costruire forme di dialogo con i poteri statali.
Giorgio Tonini ha replicato a Guglielmi che ciò che disse in Consiglio provinciale era assolutamente concordante con quanto detto oggi: la proposta non era del PD ma di due senatori PD, quella parlamentare era di Italia Viva, si trattava di uno dei tanti disegni di legge presentati, su un tema che invece era rilevante, vale a dire la messa a punto Stato-Autonomie, che era un problema da affrontare in maniera seria e non propagandistica.
Il presidente della Regione Maurizio Fugatti ha espresso il parere favorevole della Giunta.
Nell’ambito delle dichiarazioni di voto, Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha ribadito la necessità di non fare terrorismo su eventuali rischi per l’Autonomia, effettuando a vigilanza attenta e puntuale, ma ricordando anche il giuramento sulla Costituzione prestato a inizio legislatura. L’esercizio delle prerogative dell’Autonomia deve avvenire in un quadro armonico con il potere centrale, e viceversa; egli vestiva i panni di consigliere regionale ma anche quelli di cittadino italiano. Il consigliere ha chiesto se fosse immaginabile un’autorità centrale spagnola che non interviene sulla Catalogna o il potere federale USA che non interviene su un suo Stato: questo è possibile, ma è disciplinato da apposite regole, che nel caso della regione sono lo Statuto. Ha evidenziato anche la differenza della situazione tra provincia di Bolzano e provincia di Trento, per la presenza di equilibri differenti. Ha dichiarato quindi contrarietà alla formulazione del principio proposto.
Walter Kaswalder (Autonomisti popolari - Fassa)ha replicato che non intendeva creare sentimenti negativi o rapporti difficili con lo stato italiano, e che era vero che i disegni di legge sono molti, ma egli intendeva far capire che su temi così delicati la Regione c’era, era attenta. Ha quindi ricordato il rapporto che lo legava a Silvius Magnago e ai relativi racconti sulle trattative, evidenziando che si sta ancora trattando perché l’autonomia è dinamica e che certi temi non possono passare sottotono.
Riccardo Dello Sbarba (Gruppo verde) unendosi alla posizione di Tonini riguardante il carattere strumentale del voto, ha annunciato che il suo gruppo non avrebbe partecipato alla votazione.
Messa in votazione, la mozione 21 è stata approvata con 32 sì, 1 no e 5 astensioni.
La sessione di novembre è terminata.