Comunicati stampa
Sì al trasferimento alle Province delle competenze sugli enti locali
Alla ripresa dei lavori, questo pomeriggio in Consiglio regionale, in merito alla proposta di delibera nr. 28, Modifiche al regolamento organico del Consiglio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige, il presidente Josef Noggler ha comunicato che in capigruppo era stata trattata la questione dell’alternanza, e che egli si si assumeva il compito di elaborare una proposta per un’adeguata considerazione dei gruppi linguistici nell’ambito del personale del Consiglio regionale.
Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha chiarito che la delibera in votazione modificava diversi requisiti per accedere alla carica di segretario generale, il che avrebbe comportato che domani si sarebbe potuta avere la nomina di un segretario generale del Consiglio regionale di lingua tedesca. In questo modo la SVP metteva un cappello sull’istituzione generale, potendo disporre di tutte le funzioni apicali dell’amministrazione regionale, senza che alcun alleato intervenisse. Sarebbe stato necessario introdurre in corso di dibattito una clausola di garanzia, ha aggiunto Urzì rivolgendosi al presidente Fugatti e al vicepresidente Kompatscher. Egli avrebbe votato contro.
Alex Marini (Movimento 5 Stelle) ha ricordato la seduta di capigruppo del 6 settembre, dove la modifica in esame non era stata affrontata. La delibera era stata notificata il 16 settembre e arrivava al voto il 22: il regolamento non era chiaro sull’iter delle delibere, ma lui se ne sarebbe aspettato uno analogo a quello per l’esame dei disegni di legge. Il regolamento era vago anche sulla competenza in merito, tuttavia esso prevedeva una commissione regolamento, costituita dai capigruppo: questa doveva poter trattare tutte le questioni più rilevanti interne al Consiglio, ma era stata convocata solo questo pomeriggio d'urgenza. Anche il citato parere dell’Avvocatura non era stato consegnato. In quanto alla citata necessità di provvedere in fretta a causa del prossimo un pensionamento al 31 dicembre dell’attuale segretario generale, andava detto che la riforma Madia aveva introdotto il Piano triennale del fabbisogno del personale, da aggiornare annualmente: quindi il pensionamento era noto probabilmente già due anni fa, il che avrebbe permesso adeguamenti regolamentari e procedure per la selezione. Era evidente che qui la questione fosse politica.
Si è quindi proceduto alla votazione (richiesto il voto nominale) della delibera 28, che è stata approvata con 33 sì, 17 no e 11 astensioni.
Sono state quindi trattate in maniera congiunta la mozione 7, per impegnare la Giunta regionale a sostenere, favorire e promuovere l’espressione del parere favorevole sui ddl costituzionali n. 11, n. 29, n. 35 e n. 524 nel Consiglio provinciale di Trento entro il 30 giugno 2020 e ulteriori iniziative (Lanz, Bisesti, Tauber, Paoli), che impegnava la Giunta regionale a promuovere un’iniziativa, insieme al presidente del Consiglio, affinché fosse messo all’ordine del giorno del Consiglio provinciale di Trento l’espressione di pareri sui disegni di legge costituzionali 11, 35 e 524 e la mozione 8 (Tonini, Ferrari, Manica, Olivi e Zeni) per impegnare la Giunta regionale a farsi promotrice dell’approvazione di un progetto di legge costituzionale di modifica dell’articolo 103 dello Statuto speciale e ulteriori iniziative. Alla mozione 7 era stato posto un emendamento di Lanz, Bisesti e altri al fine di costituire un gruppo di lavoro col compito di elaborare un protocollo d’intesa che dovrà essere approvato dalle Giunte dei tre enti per disciplinare criteri e procedure di iniziative di cooperazione tra i tre enti per la promozione della cultura dell’Autonomia, della sanità, del sociale, dell'energia e della mobilità. Alla Regione dovevano essere fatte salve le competenze su ordinamento, impianto e tenuta dei libri fondiari: doveva essere sostenuto il principio dell’intesa.
Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) ha criticato che con la mozione 7 si disponesse un intervento su un altro organo, affinché esso mettere all’ordine del giorno un certo tema. Al contrario, era un passo importante il punto 2) che proponeva una cooperazione e sinergia promossa tra Regioni e Province in ambiti di loro competenza. Si parlava di iniziative culturali e andava bene, purché non fossero come quella di piazza Magnago, e di sanità, sociale eccetera: questo rispecchiava ciò per cui si impegnava Fratelli d’Italia, ovvero la collaborazione tra le tre istituzioni per rendere più forte il ruolo della regione. Nel punto 3) si impegnava una delegazione parlamentare, ovvero i parlamentari SVP, e anche questo era curioso, ma al di là della procedura inconsueta si chiedeva di fatto di riconoscere una funzione piena alla Regione trentino alto Adige. Al punto 4) si chiedeva al Consiglio regionale di essere d’accordo su quanto lui stesso chiedeva, al 5) di sostenere il principio del veto, che era diverso da quello dell’intesa. Urzì ha chiesto di votare separatamente i vari punti, manifestando la disponibilità a entrare in un processo di riforma tesa a riconoscere un ruolo dialettico delle istituzioni dell’Autonomia in una prospettiva di rivalutazione delle medesime, compresa la Regione.
Ugo Rossi (Misto), annunciando voto favorevole a entrambe le mozioni, ha chiarito che un tempo in Trentino la competenza regionale sull’ordinamento dei Comuni era considerata, anche da chi governa oggi, un baluardo determinante - lui aveva sempre pensato che fosse naturale che andasse alle due province. Oggi chi la considerava un baluardo era d’accordo a farne una competenza provinciale. Del documento in esame si sentiva un po’ padre, perché aveva proposto il trasferimento della competenza associandovi una rivalutazione della Regione: riconosceva il testo in gran parte come suo, e si augurava che la maggioranza regionale riuscisse a fare questo. Epocale era anche la richiesta ai Comuni di associarsi: in passato la Lega considerava il male assoluto, oggi si davano contributi a questo scopo; si sarebbe potuto considerare anche per i Comuni trentini il fondo istituito per i Municipi che istituiscono servizi associati, ora destinato solo ai Comuni sudtirolesi. In quanto alla modifica dello Statuto, tutti si era d’accordo sulla necessità di un’intesa: la mozione dava la possibilità al Consiglio regionale di porre questa esigenza con una voce univoca.
Giorgio Tonini (Partito Democratico) ha evidenziato che ci si trovava in zona Cesarini: era difficile ipotizzare che l'attuale parlamento, in carica ancora per pochi mesi, avrebbe avuto il tempo di esaminare una legge costituzionale. Era quindi evidente che questa legislatura regionale si era rivelata del tutto incapace di affrontare le questioni che riguardavano lo Statuto. Sarebbe sbagliato invocare come alibi il quadro politico nazionale, perché se nell’aula si fosse realizzata un’intesa sul percorso, a livello nazionale ci sarebbero state le condizioni per portare avanti le proposte, e questo con tutti e tre i Governi, Conte 1, conte 2 e Draghi con cui alternativamente le diverse forze politiche avevano canali privilegiati. Il comma 1 della parte dispositiva della mozione 7 era imbarazzante, condivisibile era invece la proposta di un gruppo di lavoro al comma (2), così come il punto (5) a sostegno della clausola dell’intesa, anche se il Parlamento difficilmente avrebbe rinunciato ad avere l’ultima parola. Il punto (3) e il punto (4), pur considerando il rafforzamento di competenze della Regione, portavano un rischio, poiché aprire il dossier della riforma dello Statuto sul tema delle competenze senza avere prima l’intesa era rischioso. Egli avrebbe sostenuto i punti (5) e (2).
Riccardo Dello Sbarba (Gruppo verde), condividendo molto di quanto detto da Tonini, ha ribadito che ormai si era fuori tempo massimo, ma si poteva invece riprendere il cammino di riforma dello Statuto iniziato dentro l’esperienza di Convenzione e Consulta per l’Autonomia, cercando di arrivare a fine legislatura con un testo condiviso e un accordo tra le due Province sulle prospettive dell'Autonomia e della Regione. Era la Regione a non avere fatto i compiti, volendo oltretutto dire agli alti cosa dovevano fare: era stato investito molto in un processo partecipato di riforma dell’Autonomia, ma chi vi aveva partecipato era stato deluso. Più di questo non si poteva fare, quindi andava bene la mozione di Tonini, mentre l‘altra, più volte cambiata, era un guazzabuglio. Il punto (1) era inaccettabile, anche modificato: la Provincia autonoma di Bolzano non accetterebbe mai che il presidente del Consiglio regionale determinasse il suo ordine del giorno. Allo stesso modo, è inaccettabile impegnare a un voto favorevole prima di sapere su cosa si voto, come previsto al punto (4), e il (5) è superfluo perché sul 29 si sarebbe votato tra poco. In quanto al gruppo di lavoro, previsto dalla mozione di maggioranza, esso è ben diverso da quello transitorio di Tonini, e va ricordato che la proposta di maggioranza uscita dalla Convenzione parlava proprio di gruppi di lavoro che di fatto erano espressioni delle Giunte. Oltretutto, avendo le tre istituzioni analoghe maggioranze, non avevano certo bisogno di un gruppo di lavoro per politiche coordinate. Sembrava che la mozione della maggioranza servisse solo a bocciare quella di Tonini, con la quale il suo gruppo era d’accordo.
Gerhard Lanz (SVP), primo firmatario della mozione 7, ha evidenziato la volontà di procedere assieme per elaborare il tema. Per questo non comprendeva le critiche alla proposta di un gruppo di lavoro, a fronte del fatto che spesso si rimproverava alla maggioranza di non voler coinvolgere gli altri. La sua mozione non era stata presentata per ostacolare l’altra, anche perché temporalmente era stata presentata prima. La volontà era di coinvolgere il Consiglio regionale e tutte le forze presenti.
Alex Marini (Movimento 5 Stelle) ha sostenuto che l’emendamento sostitutivo della mozione 7 pareva, in relazione alle premesse che citavano una serie di disegni di legge costituzionali non tutti giunti a trattazione, un terno al lotto. Il dispositivo, che incaricava la Giunta regionale di fare pressione sul Consiglio provinciale, pareva poi inammissibile. Per quanto riguarda l'istituzione del gruppo di lavoro, la maggioranza politica avrebbe potuto lavorare direttamente sui criteri con cui collaborare. L’esecutivo ha già tutti gli strumenti necessari. In quanto all’accelerazione dell'espressione dei pareri, c’era qualche problema procedurale: si poteva prevedere maggiore coordinamento tra i tre siti web istituzionali. Il parere sull’emendamento alla mozione 7 sarebbe stato negativo, in quanto alla mozione 8, essa conteneva elementi positivi, ma appariva ridondante. Positivo era il ragionamento su soluzioni alternative alla riforma dell’art. 103, più complessa l’istituzione di una commissione paritetica regionale: anche in questo caso, di sarebbe potuto lavorare nelle commissioni esistenti, magari a seduta congiunta. Il lavoro sinergico è possibile già da domani, tra i due presidenti, senza la necessità di istituire un gruppo di lavoro. Marini ha annunciato astensione.
Il presidente della Regione Maurizio Fugatti ha espresso parere favorevole della Giunta alla mozione 7 e contrario alla mozione 8.
La mozione 7 è stata votata per parti separate e approvata: le premesse con 38 sì, 7 no e 12 astensioni, il punto (1) con 37 sì, 18 no e 7 astensioni, il punto (2) con 43 sì, 3 no e 18 astensioni, il punto (3) con 41 sì, 3 no e 19 astensioni, il (4) con 42 sì, 8 no e 13 astensioni, il (5) con 51 sì, 6 no e 6 astensioni.
Non essendoci dichiarazioni di voto sulla mozione 8, si è passati direttamente alla relativa votazione: essa è stata respinta con 15 sì, 37 no e 11 astensioni.
È stata quindi esaminata la proposta di deliberazione 14, Espressione del parere, prescritto dal terzo comma dell’articolo 103 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sul disegno di legge costituzionale n. a.s. 11/XVIII legislatura, recante “Modifiche allo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol per il trasferimento della competenza regionale in materia di ordinamento degli enti locali alle Province autonome di Trento e di Bolzano”, di iniziativa parlamentare su proposta dei senatori Steger, Unterberger e Durnwalder. Come ricordato nella delibera, la 1a commissione legislativa aveva proposto un parere favorevole.
Secondo Alessandro Urzì (Fratelli d’Italia) la proposta aveva esclusivamente una funzione simbolica, in quanto l'attuale legislatura nazionale non sarebbe durata a sufficienza per esaminare la proposta in seconda lettura. Il disegno di legge apparteneva a quella sede di disegni di legge SVP che prevedeva la riduzione delle competenze della Regione, abrogando l’Assessorato agli enti locali, senza il corrispettivo, ovvero senza prevedere cosa dovesse succedere dopo, al fine di investire le risorse dell’ente in altro campo. Pertanto, il suo gruppo avrebbe votato un parere negativo. Da alcune legislature, si susseguiva in Parlamento, per lo più ad opera della famiglia Zeller-Unterberger cui si associava ora il sen. Durnwalder, la presentazione di disegni di legge che prevedevano il massimo e il minimo sindacale, riguardo all’autonomia, dalla Vollautonomie, a proposte di mediazione, per finire a proposte sulle singole competenze, come in questo caso gli enti locali. a regione. Era il ben collaudato metodo di chiedere 100 per ottenere 1, 2 o più, aprendo però la strada a nuove possibilità. Solo qualche giorno fa, nel Consiglio provinciale di Bolzano era stata avviata la costituzione di una commissione con lo scopo di autodeterminarsi in materia di indennità dei consiglieri e di finanziamento pubblico ai partiti: già si immaginava quindi di aver superato l’autodeterminazione in materia di enti locali. I colleghi trentini guardavano queste dinamiche con una certa indifferenza, senza rendersi conto che si andava verso un Consiglio regionale con consiglieri eletti e retribuiti in maniera diversa.
Paul Köllensperger (Team K) ha chiarito che esistono già ora discipline distinte per le due province: è giusto quindi trasferire le competenze alle due Province, lasciando alla Regione un ruolo di coordinamento nel settore della previdenza e delle politiche sul traffico, quello che non andava bene era che la SVP mettesse sempre di fronte ai fatti compiuti, perché l’autonomia non riguardava solo un partito. La scelta di una via solitaria da parte della SVP era tra il resto la causa del fallimento delle proposte in Parlamento. Bisognava quindi riflettere sul metodo, anche se sul contenuto in oggetto il suo gruppo era d’accordo.
Giorgio Tonini (Partito Democratico) ha annunciato astensione, sostenendo di non essere contrario al contenuto, e di aver sostenuto nella precedente legislatura un analogo disegno di legge della SVP, perché il contesto era diverso e si trattava di un tassello di un mosaico già sul tavolo. Inoltre, temporalmente si trattava di una fatica di Sisifo, perché il Parlamento non avrebbe avuto il tempo di esaminare la proposta.
Anche Riccardo Dello Sbarba (Gruppo Verde) ha parlato di un “voto fuori tempo massimo”, facendo riferimento a un rito che i parlamentari SVP trasmettono di legislatura in legislatura, Il suo gruppo non ama l'astensione, quindi avrebbe votato no su questi disegni di legge, con l’eccezione del disegno di legge 29, al punto 5 dell'ordine del giorno, sul quale avrebbe votato convintamente di sì, perché l’intesa era la condizione per procedere in una nuova fase dell’autonomia, con una riforma che derivasse sai territori e non dal Parlamento o da gruppetti di parlamentari. la strada dei blitz in parlamento non portava a niente, e con la situazione incerta di maggioranze e minoranze diventava pericolosa. Un modo di procedere come questo, dando un parere così per darlo, senza convinzione e senza strategia, sapendo che il tempo non era sufficiente, non era serio. Avviare una procedura senza avere l’intesa, infine, è pericoloso.
Sven Knoll (Süd-Tiroler Freiheit) ha annunciato voto convintamente a favore, evidenziando che l’autonomia non inizia a Roma, ma a Trento e a Bolzano. Come si possono pretendere competenze da Roma se non si trasmettono le competenze sugli enti locali? Federalismo significa delegare le competenze il più possibile a livello locale. In quanto alle indennità, i consiglieri delle due province, a partire dalla riforma costituzionale del 2001, vengono votati come consiglieri provinciali, non regionali: pertanto, non ha senso che le indennità vengano definite a livello regionale, altrimenti pare che la regione abbia solo la funzione di bancomat. Ci sono tanti ambiti in cui si può collaborare, ma ci sono ambiti dove questo non ha senso, in primis gli enti locali.
Ugo Rossi (Misto) ha evidenziato che, per ragioni temporali, i disegni di legge non sarebbero mai usciti dai cassetti della Camera o del Senato, aggiungendo che del ritardo non erano responsabili né i presentatori, attivatisi a inizio legislatura, né alla SVP che si era fatta carico di avere i pareri dentro il suo Consiglio provinciale. Era la parte trentina della maggioranza regionale che aveva nicchiato, perché la competenza sull’ordinamento dei Comuni era considerato - “era”, ha ribadito Rossi - un baluardo non negoziabile del senso stesso dell’esistenza della Regione. Così la pensava anche buona parte della maggioranza provinciale trentina: lo stesso ex presidente Dorigatti si fece carico di richiamare i Trentini a non svendere l’autonomia. Se ci si trova a questo punto è perché il Trentino non ha saputo cogliere questa possibilità dall’inizio, anche se la SVP non poteva far saltare il banco della regione per questo. Questo dimostra la concezione dell’Autonomia non coerente della Lega: una concezione negoziabile in qualsiasi momento a seconda di come butta e se ci si trova all’opposizione o alla maggioranza, al punto tale che oggi, votando a favore, ma rinnegheranno quello che hanno sempre sostenuto, e i Trentini se ne renderanno conto. Lo stesso vale sulle gestioni associate dei servizi comunali, soldi della regione che vanno a esclusivo vantaggio dei Comuni del Sudtirolo. Forse quindi la Regione non vale neanche come bancomat, per i Trentini. Se si propongono sinergie, bisogna crederci fino in fondo, perché ne va del futuro dell’Autonomia, non si tratta di convenienza elettorale del momento.
Alessandro Savoi (Lega Salvini Trentino) ha ricordato che se la Regione oggi ha pochissime competenze è perché l’ha voluto qualcuno del centrosinistra a Roma, con la riforma Bassanini del 91, che ha svuotato completamente la Regione. Questo fu approvato dal PATT di allora e dai falsi autonomisti, che ora accusano la Lega di incoerenza. La lega si è trovata questa situazione di competenze residuali, e la questione degli enti locali finisce in questa maniera perché qualcuno ha voluto che finisse così, ma la colpa non è della Lega, che quando ha vinto le elezioni in provincia di Trento ha fatto l’unica alleanza possibile in regione; la Lega convive con la SVP ma non prende lezione da nessuno, tantomeno dai falsi autonomisti. Oggi si prende atto che questa delega sugli enti locali è superata dai fatti, perché i sistemi elettorali delle due Province e dei relativi Comuni sono diversi, il che rende difficile trattare in maniera uguale situazioni oggettivamente differenti. La Lega non tradisce nessuno, ma prende atto di quanto ha ereditato e di come stanno oggettivamente le cose; del resto, si era differenti anche sotto l’Impero austro-ungarico, a partire dalla lingua. Si sta comunque insieme e si procederà con il terzo Statuto, per avere altre competenze in materie che non sono queste. Il collega Rossi, che parla di regionalismo e accusa la Lega, era quello che voleva vendere la sede della A22 a Bolzano, e se ne deve vergognare.
Ugo Rossi (Misto) ha detto di avere molti motivi di cui vergognarsi, ma non certo quello dell’incoerenza, avendo sempre sostenuto, a differenza anche di qualche collega di partito che riteneva che la competenza sugli enti locali fosse intoccabile, che così non fosse. Al collega Savoi evidentemente aveva dato fastidio aver richiamato la verità dei fatti, ovvero i motivi del ritardo con cui si discuteva del tema.
Alex Marini (Movimento 5 Stelle) ha ribadito che il parere sarebbe stato quasi certamente inefficace, non solo perché tardivo o con congiuntura politica non favorevole, ma perché l’iter del disegno di legge doveva ancora partire in sede parlamentare. Mancava inoltre il parere del Consiglio provinciale di Trento, e il termine previsto nello Statuto era superato. Problematica era anche la forma del parere: per esempio, quello del Consiglio provinciale di Bolzano non era ancora caricato sulla website del Parlamento. Inoltre, perché si proponeva il trasferimento delle competenze alle Province? L’obiettivo cui si mirava non era specificato, mancava una comparazione con gli ordinamenti dei comuni delle altre Regioni autonome mentre si sarebbe dovuto entrare nel merito della questione, anche con un confronto con le norme nazionali; infine, bisognava pensare anche a dei contrappesi di tutela dei diritti delle minoranze, partecipazione civica ecc. Il suo parere sarebbe stato non favorevole.
Ulli Mair (Die Freiheitlichen) ha espresso invece parere favorevole alla proposta, ricordando che dal 1993, da quando i Freiheitlichen sono presenti in Consiglio regionale, avevano sempre rivendicato il trasferimento della competenza sui Comuni delle due Province. Ai colleghi trentini che lo ritenevano un passo in direzione dello svuotamento della Regione andava detto che negli ultimi anni molto era cambiato e che non si trattava di non voler collaborare con i Trentini, ma di “promuovere ogni passo che aumenterà la nostra Autonomia”, nonché di lavorare in maniera efficiente e al passo con i tempi. I cambiamenti possono sempre avvenire, anche quelli che non si osavano sperare, ed è giusto fare tanti piccoli passi per una gestione migliore dell'Autonomia.
Il presidente della regione Maurizio Fugatti ha annunciato parere favorevole.
Posta in votazione, la proposta di deliberazione 14 è stata approvata con 39 sì, 11 no e 6 astensioni.
La seduta di oggi è conclusa. Il plenum tornerà a riunirsi domani mattina alle 10.00.