Comunicati stampa
Solo Sèn Jan o anche San Giovanni: la denominazione del nuovo comune della Val di Fassa anima il dibattito sulla toponomastica
Il tema della toponomastica ha animato la seduta mattutina del Consiglio regionale.
I lavori sono stati infatti aperti con l'esame del disegno di legge n.94: Istituzione del nuovo Comune di Sèn Jan di Fassa-Sèn Jan mediante la fusione dei Comuni di Pozza di Fassa-Poza e Vigo di Fassa-Vich, presentato dalla Giunta regionale.
Al testo, che riconosce l’esito del referendum del 20 novembre 2016, sono stati presentati alcuni emendamenti e un ordine del giorno da parte del Consigliere Alessandro Urzì, che ha sostenuto, in aula, che l'assenza della denominazione in italiano, non rispetta il principio della valorizzazione del plurilinguismo in Regione e ha quindi proposto di modificare il nome, aggiungendo la dicitura italiana o d bocciare il testo.
Dopo la lettura della relazione da parte del Presidente della I Commissione, Walter Kaswalder, il consigliere Alessandro Urzì ha letto la relazione di minoranza. Per il consigliere Urzì esistono dubbi di costituzionalità su un provvedimento di legge che prevede l’istituzione di un nome in sola lingua ladina (Sèn Jan). Nella relazione ha ricordato le norme costituzionali che tutelano l’uso della lingua italiana come lingua primaria dello Stato e delle minoranze linguistiche. In particolare, viene contestato l’uso della sola lingua ladina, senza la denominazione “San Giovanni”. “Una legge regionale che dovesse stabilire un principio che non affianca le due lingue, avrebbe un effetto guida anche per l’Alto Adige. La spaccatura è sul valore da attribuire al valore del bilinguismo assoluto, a favore di un monolinguismo che sfavorisce la minoranza numerica”. Ha quindi chiesto che la trattazione del disegno di legge venga sospeso. Ha quindi proposto di approvare una denominazione doppia, come previsto dalla legge 482/1999 , oppure respingere la legge perchè sia riavviata la procedura per la fusione dei Comuni, pena la possibilità di incorrere in ricorsi di costituzionalità.
“La Giunta regionale - ha spiegato l’assessore Josef Noggler - ha presentato il disegno di legge sulla base della volontà espressa dalle popolazioni locali. All’inizio erano compresi quattro Comuni, il 20 novembre dello scorso anno è stata posta la domanda anche ai comuni di Mazzin e Soraga", che hanno votato contro la fusione. "In questa consultazione popolare non si trattava solo di parlare sulla fusione, ma anche sul capoluogo, Pozza e la denominazione, Sèn Jan. L’effetto di questa fusione dovrebbe entrare in vigore il 1 gennaio 2018. Abbiamo lavorato in Commissione e ci sono state diverse audizioni. Già ora San Giovanni esiste ed è una frazione di Vigo di Fassa, e non riteniamo opportuno modificare la denominazione di questo nuovo Comune e riteniamo di dover rispettare la volontà della popolazione, anche per quanto riguarda la denominazione".
In discussione generale, il Consigliere Urzì ha ricordato nuovamente la legge 482/99, parlando del fatto che “la legge prevede l’uso di entrambe le lingue per una lettura più completa del territorio”. “La leggitimità e la conformità costituzionale in questo caso non è data”. “Non si tratta di mettere in discussione la scelta della denominazione del territorio da parte dei cittadini, che hanno scelto la denominazione di una Santo che già dà il nome ad una località, ad un albergo, ad un luogo che è già mediano tra Vigo e Pozza. Ma nella agiografia, la semplice trasformazione del nome nelle lingue d’uso, è prassi comune. Tuttavia la denominazione San Giovanni è ampiamente diffusa”. “La domanda è: a voi che fastidio vi dà aggiungere il nome San Giovanni, valorizzando il pluringuismo della Regione? Se la regola è la medesima, che cosa può impedire a due comuni della Val d’Ultimo di chiamarsi, dopo un referendum, Sankt Pancraz in Val d’Ultimo / Sankt Pancraz im Ultental, cancellando il nome italiano?”. Ha quindi citato il caso della Val di Non, dove il Consiglio regionale ha scelto il nome, “facendosi forte della propria competenza legislativa, aderendo alla volontà dei cittadini che non voleva chiamare il nuovo comune San Zeno”.
Il Consigliere Rodolfo Borga (ACT) ha detto che “nell’affrontare questa fattispecie particolare, credo ci sia stata una certa superificialità. In particolare io credo che i consiglieri di lingua italiana dell’Alto Adige e i loro alleati avrebbero dovuto seguire con più attenzione. Io questa vicenda particolare - ha detto - non l’ho approfondita e ho seguito con interesse almeno parte delle motivazioni espresse dal collega e mi hanno convinto. Fermo restando che non necessariamente il voto di quest’aula potrebbe essere negativo, anche se non credo che nessuno vorrebbe bocciare la volontà popolare, è possibile che il Consiglio regionale possa intervenire sulla denominazione?”. Ha quindi parlato del caso di Dro e Drena, dove è stato proposto da alcuni il nome di Alto Garda, che ha definito "sconveniente". “Questo Consiglio regionale ha dato una denominazione, quando gli stessi elettori non volevano, al nuovo comune di San Zeno. E’ quindi legittimo che il Consiglio regionale intervenga per modificare una denominazione”. “In questo caso - ha detto - non andiamo a modificare il nome, ma andiamo a rispettare la scelta che è stata fatta da coloro che si sono espressi per la creazione di Sèn Jan, ma aggiungendo anche il nome in italiano”. Ha quindi detto di sostenere le motivazioni del collega, “resta fermo - ha detto - l’imbarazzo nel modificare l’esito di una volontà popolare, che ha espresso la denominazione di San Giovanni due volte in ladino”.
Sven Knoll (STF) ha detto che la domanda è “che cosa vuole la popolazione?”. “Se in un Comune dove vivono ladini, la popolazione decide che vuole modificare il nome di un luogo, si deve rispettare la volontà. Il fascismo ha cercato di modificare tutti i nomi. Noi politici dobbiamo rispettare la volontà della popolazione e dovremmo solo prendere atto”.
Il consigliere Giuseppe Detomas (UAL) è intervenuto, specificando di intervenire come consigliere e non membro della Giunta, “ Rendo merito al lavoro del collega Urzì, ma - ha detto - come cittadino nato a Sèn Jan non posso condividere”. E’ quindi entrato nel merito dell’articolo dello Statuto d’Autonomia, specificando che nel caso delle minoranze linguistiche, si fa deroga alle Norme di Attuazione, per dire che anche dal punto di vista giuridico il presupposto citato da Urzì “non mi pare condivisibile”. “La toponomastica del nome, in particolare in Val di Fassa, a Vigo o a Pozza, non ha avuto alcun dibattito e non ha rappresentato un problema. E’ stato introdotto per la prima volta qui in Consiglio, mentre in valle non ne ha mai parlato nessuno". "Conosco personalmente molti cittadini non ladini a cui questo nome piace. Il riferimento può essere a una località che c’era, ma francamente non è quello il punto. Stiamo creando un caso su qualcosa che nei luoghi di cui si parla non è sentito. E’ una di quelle cose strumentali alla politica, ma francamento credo che sia una cosa che si debba evitare”.
Marino Simoni (PT) ha ricordato il lavoro della Commissione e ha detto che “il collega Detomas coglie nel segno nello stigmatizzare una questione che riguarda solo il Consiglio regionale”. “Anche per il caso dell’Alta Val di Non la questione andrà approfondita. Tuttavia in Val di Fassa nessuno si straccia le vesti per il nome, e anche se apprezzo le motivazioni del collega Urzì, si tratta di un nome che va a unire, non a dividere. Se su questo nome ci fossero state tensioni, che potevano lasciare qualcuno a bocca amara, allora sarebbe stato da discutere, ma non è questo il caso”. “Credo che l’argomento debba essere approfondito, per questioni dove in effetti questo tema può suscitare divisioni, come nel caso della Val di Non, per capire se il Consiglio regionale ha legittimità ad intervenire per dirimere questioni che sono sul tappeto ma che dobbiamo ancora affrontare”. Ha quindi detto che il voto al disegno di legge sarà favorevole.
Walter Blaas (F) ha parlato di un “principio politico che il consigliere Urzì vorrà utilizzare in campagna elettorale. Ho partecipato alle audizioni in Commissione con i Sindaci e non capisco le difficoltà”. “Per quanto riguarda le fusioni, non si tratta solo dei comuni, ma di problemi che riguardano diversi interessi, come turismo e economia. Riteniamo che siano i trentini a dover gestire la questione e per questo ci asterremo”.
Per la Giunta, Josef Noggler ha ribadito la volontà di rispettare la volontà popolare e quindi di portare avanti il disegno di legge.
Prima di passare all’esame dell’articolato, il consigliere Alessandro Urzì ha presentato l’ordine del giorno da lui depositato, che chiede l’impegno “a riaffermare la valorizzazione del trilinguismo nella Regione Trentino-Alto Adige”. Ha quindi chiesto la votazione per punti separati e votazione nominale. Il consigliere Blaas ha quindi chiesto votazione separata anche per i punti del dispositivo.
Hans Heiss (V) ha quindi preso parola, sostenendo che le argomentazioni hanno portato a delle riflessioni e ha detto che in parte queste argomentazioni possono essere condivise. “Per quanto riguarda le fusioni, noi cerchiamo di procedere con una certa speditezza, cerchiamo di fare in fretta per rispettare la volontà della popolazione. In questo caso abbiamo ascoltato le argomentazioni, tuttavia non siamo riusciti ad essere completamente convinti. Per quanto riguarda l’Alto Adige abbiamo preso una posizione chiara sulla toponomastica, mentre per il Trentino riteniamo che debba prevalere una denominazione pratica e in questo caso non ci sono state obiezioni. Noi sappiamo quanto sia importante per la Val di Fassa la denominazione in lingua ladina e riteniamo pertanto che la popolazione debba avere il titolo di decidere autonomamente sulla denominazione del proprio comune. Questa situazione particolare che permane in Alto Adige non pensiamo che debba essere estesa anche in Trentino e quindi su questo Ordine del Giorno ci asterremo, perchè siamo convinti che la valorizzazione del bi/trilinguismo debba valere per l’Alto Adige, ma che sussitano condizioni particolari per il Trentino”: Le premesse sono state respinte con 7 a favore, 35 contrari e 9 astensioni.
Il punto 1 è stato respinto con 5 a favore, 34 contrari, 13 astensioni e il punto 2 del dispositivo respionto con 5 a favore, 38 contrari, 11 astensioni.
L'Aula è quindi passata all'esame dell'articolato.